giovedì 3 novembre 2011

Uomini assurdi volume V: la ventosa

Lo so, negli ultimi tempi sono stata lamentosa e triste. Ma per fortuna pochi giorni fa ho ripescato nella memoria un episodio per il quale le amiche ancora mi deridono. Ecco allora che torna la rubrica di successo "gli uomini assurdi della mia vita", con la quinta puntata: l'uomo ventosa.

Era l'estate del 2008, io ero una studentessa 22enne al primo anno di specialistica alle prese con l'ultimo esame della sessione estiva. Dei 4 libri da studiare non mi entrava in testa nulla, la tesina che dovevo presentare era una vera schifezza, così colsi al volo l'invito per quel sabato di luglio. Era la festa di laurea di 4 amici più grandi di me di qualche anno che adoravo, perché con loro avevo trascorso le serate più divertenti e alcoliche di quell'anno. La serata era a base di molto cibo e ancora più alcol. Io avevo un nuovo taglio di capelli ed ero magrissima (e fighissima). In più indossavo un top rosso molto scollato e avevo osato persino mettere i tacchi (perché la mia memoria prediliga certi particolari rimarrà sempre un mistero). Non ci volle molto per essere tanto ubriaca da capire ben poco. Eppure cercavo di continuare a darmi un tono. Mi ero messa a parlare con un rasta (che stranamente non mi piaceva) e con un ragazzo romano molto carino, che faceva un lavoro interessante, parlava 3 lingue e sembrava starci. Ma, chissà come, finii a chiacchierare con un bancario, noioso e vestito male. Aveva una camicia viola a maniche corte, una cravatta larga in tinta, jeans tagliati a pinocchietto e ciabatte da vecchio tedesco. Io cercavo di seminarlo andando in bagno, ma lui mi seguiva. Risultato: ci prova proprio lì, tra il lavandino e il cestino della carta. Questa è una cosa che ho sempre odiato, che dimostra che sei veramente messo male: capisco che sono ubriaca, ma seguirmi in bagno per limonarmi è davvero squallido! Purtroppo io ero davvero molto ubriaca, così non solo ci sono stata, ma mi sono fatta anche prendere dall'entusiasmo
Durante il taglio della torta, però, uno dei festeggiati si è stappato una bottiglia di spumante magnum nell'occhio, una cosa non proprio piacevole. Così, mentre si decide se portarlo o meno in ospedale (e mentre il bancario non mi si stacca più di dosso), il festeggiato accecato mi si avvicina e, ancora più sbronzo di me, sorretto dalla ragazza, mi fa: "Certo che in questi mesi ti ho visto andare con tutti, ma con me non ci hai mai voluto fare niente!". Inutile dire che volevo scomparire, soprattutto perché ho notato la furia omicida della fidanzata verso di me (anche se in realtà avrebbe dovuto apprezzare che non avevo mai osato toccare il suo uomo!). Alla fine il gruppo si divide: alcuni accompagnano il malcapitato al pronto soccorso, gli altri vanno al mare per fare il bagno di notte (quando si dice l'equità...). Io rientro nel corteo diretto all'ospedale, ma il bancario decide di restare in macchina per continuare a "farci le coccole". Non so quanto tempo sia passato, ma alla fine il festeggiato accecato viene dimesso con una benda. Andiamo tutti a casa sua e il bancario (che non abitava nella nostra città, ma era venuto solo per la festa) decide di prendere la valigia e dormire da me, perché lì c'erano già troppi ospiti. 
Fin qui va bene. Ma io, sarò naif, metto subito le cose in chiaro: se vieni a dormire da me, ma non ho nessuna intenzione di concedermi, io te lo dico da subito. Tieni le mani a posto, perché si dorme. E a lui avevo detto la stessa cosa. Arrivati a casa mia già non ne potevo più, tanto era insopportabile nel parlare e appiccicoso. Io mi piallo sul letto vestita, ormai palesemente annoiata e inacidita. Ma lui, poco acuto, non si rassegna. Infila le mani ovunque, mi alza la gonna, cerca in tutti modi, con una certa disperazione, di portarmi a letto (nel senso biblico del termine, a letto in effetti ci eravamo già). Alla fine, stremato, dice persino "tanto a te cosa cambia, devi solo toglierti i vestiti!". Certo, perché io sono una bambola gonfiabile e hai un rapporto con me mentre dormi. Io non cedo, la sbronza sta passando e lo detesto sempre di più. Mi metto a ronfare, fino a che ad un'ora indefinita suona la sveglia del suo telefono. Lui comincia ad accarezzarmi e a baciarmi, cosa che detesto. Non solo perché chi mi conosce sa che appena sveglia deve lasciarmi in pace, a malapena può dire "buongiorno", ma perché se non c'è una certa confidenza e sintonia - sesso a parte - non tollero certi gesti affettuosi. Sì, è cinismo e forse è anche un controsenso, ma sono fatta così. C'è stato solo un uomo a cui al mattino abbia permesso di parlarmi e strapazzarmi e credo che quella sia la forma più alta di amore di cui io sia capace. 
Tornando al bancario, mentre mi accarezza tenta di dirmi chissà quali parole dolci, a cui io rispondevo con uno dei miei tipici grugniti da prima mattina. Ricordo solo che mi diceva "ora vado a fare colazione, che dici, me la merito una buona colazione?". Il mio pensiero è stato: "sti cazzi, chi ti conosce, ti sei autoinvitato a dormire da me e ora rompi pure le palle?". Credo di averglielo anche detto grugnendo. Ad ogni modo lui insiste perché lo accompagni alla porta, ma io gli dico "scusa, sono stanca e ieri ho bevuto troppo, non riesco ad alzarmi". Così un perfetto sconosciuto esce da casa mia con il trolley e la coda tra le banche. 
Pensavo di essermene liberata, e invece no. Nei giorni successivi mi chiama, raccontandomi che tornato a casa dell'amico (il festeggiato accecato) nessuno gli aveva aperto, così si era messo a dormire in macchina, a luglio, col motore acceso per poter tenere l'aria condizionata e non morire liquefatto. Ammetto che per un nanosecondo mi sono sentita in colpa. 
Qualche giorno dopo incontro il festeggiato accecato e mi dice che ha una cosa per me. Era un biglietto di auguri per una laurea, di quelli pseudoscherzosi (e odiosi) con i pupazzetti. Me lo aveva comprato il bancario, devo ancora averlo da qualche parte, mi fece ridere moltissimo. E speravo fosse finita lì. Invece il sabato successivo c'era un'altra festa di laurea, a cui chissà come era riuscito a farsi invitare. E il pomeriggio mi manda un sms: "Allora ci vediamo stasera e festeggiamo insieme?". Presa dal panico chiamo coinquilina che tentava di studiare nella sua stanza e le chiedo cosa fare. Lei è tassativa: non rispondere, se è necessario spegni il telefono. Ora, a me non piace essere scortese, rispondo a tutti anche a chi non mi interessa, anche a chi è sgrammaticato e non se lo meriterebbe. Ma il bancario mi faceva persino paura. Così ho seguito il consiglio della mia amica, pensando che la sera, quando me lo sarei ritrovato faccia a faccia, avrei improvvisato. Arrivate alla festa veniamo subito travolte da un vortice di chiacchiere e bicchieri. Lo vedo da lontano, ma ancora oggi non so dire se sia stata solo una mia allucinazione. Perché lui non m'è venuto a salutare, io mi sono persa nella confusione alcolica. E intorno all'una mi è venuto a rapire un tizio che avevo iniziato a sentire da qualche giorno e che si sarebbe rivelato il più grande errore della mia vita. Ma questa è un'altra storia.

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