mercoledì 5 ottobre 2011

Di lavoro e di morte

Avrei voluto scrivere un post sull'assoluzione in appello per il delitto di Perugia, sugli italioti tutti magistrati e pronti a ridurre tutto ad una mera tifoseria da partita di pallone. 
Poi ho letto delle vittime del crollo di una palazzina a Barletta (Bat). Ho letto le solite lacrime di coccodrillo, ho letto ritratti commoventi di quattro donne e una ragazzina che sono morte tra quelle macerie, ho letto del sindaco della città che ha dichiarato di comprendere i datori di lavoro che avevano aperto un laboratorio di maglieria in uno scantinato non a norma. 
Per carità, loro hanno perso la loro figlia di 14 anni e quattro dipendenti. Per carità, loro davano lavoro, in nero, per 4 euro all'ora. Sempre meglio che morire di fame o piegarsi alla criminalità. Per carità, loro dichiaravano 10mila euro l'anno, ma sapete com'è, con tutte queste tasse è inevitabile aggiustare i conti.
Non importa se le norme di sicurezza non sono rispettate. Non importa se queste povere donne non avevano alcuna tutela: siamo tutti amici, volemose bene, l'importante è lavorare no?
Ci siamo talmente assuefatti a questo stato di cose, che non ci scandalizziamo nemmeno più se ci negano il lavoro, la dignità, le tutele salariali, le ferie, l'assistenza sanitaria, i contributi, la malattia, la maternità. 
Un Paese senza diritti è un Paese che non ha futuro.


La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. (articolo 4 della Costituzione italiana)

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